Rivelazione e mistero…

Omelia del 30 maggio 2021 (Gv 15, 24-27)

Rivelazione e mistero…

Sarà che siamo un po’ figli dell’illuminismo, sarà che amiamo essere pragmatici, sarà che siamo, forse, anche un po’ presuntuosi, sta di fatto che è difficile per noi accettare che la nostra conoscenza non possa arrivare a tutto. È difficile accettare che la nostra smisurata sete di sapere debba metter in conto dei limiti oltre i quali non si può andare. Il nostro istinto ci porta a volere comprendere ogni cosa, a voler dare una spiegazione razionale a tutto ciò che accade, a voler misurare, vedere, toccare, controllare la realtà nella quale siamo immersi.

Lo facciamo anzitutto con la natura. Fino a qualche secolo fa la natura ci appariva come un mistero, non eravamo in grado di interpretarne le manifestazioni, non riuscivamo a comprenderne le leggi.

Ora è diverso. Con i nostri occhi meccanici abbiamo scrutato l’immensità dell’universo, abbiamo dato un nome alle stelle, abbiamo scrutato l’infinitamente piccolo degli atomi e delle particelle, abbiamo sondato i segreti della vita, e abbiamo ricondotto ogni cosa ad un ordine universale, governato da leggi immutabili. Non c’è più nulla, o quasi, della natura che sia rimasto nascosto al nostro sapere. 

Ma la natura non è l’unico territorio che abbiamo perlustrato con la nostra voglia di indagare e di conoscere: anche l’uomo, quell’uomo che è ognuno di noi, è ormai un libro aperto. Abbiamo imparato a catalogare i suoi pensieri, i suoi sentimenti, le sue emozioni e persino i suoi comportamenti e così ciò che fino a poco tempo appariva come collegato al mistero insondabile della persona, della sua coscienza e della sua libertà, ora ci appare come un’ovvietà, facilmente prevedibile e universalmente spiegabile.

Ora, mi chiedo, da dove nasce questa nostra sete di sapere? Questo nostro bisogno di conoscere e di ordinare e classificare ogni cosa?

Di certo nasce dalla curiosità, quella curiosità che ci appartiene in quanto esseri umani; nasce dalla nostra singolare intraprendenza, dal fatto che il Signore ci abbia messi al centro del mondo come custodi del mondo, dotandoci di una intelligenza e di una capacità riflessiva che non ha riscontro in nessun altro essere vivente. Ma io credo che dietro questo bisogno di conoscere abbia un ruolo importante anche l’istinto di sopravvivenza. Noi uomini, infatti, siamo piccoli, fragili e vulnerabili, e mai e poi mai avremmo potuto imporci su una natura che è infinitamente più grande e potente di noi se non non avessimo imparato a conoscerla questa natura e, quindi, a dominarla. Conoscere è potere, noi diciamo. La conoscenza è il mezzo che ci dà il potere, di dominare, di controllare la realtà che ci circonda, indirizzandone e orientandone la forza perché non sia a nostro danno, ma a nostro vantaggio.

Ora, voi capite, se questo vale per la natura e vale per gli altri esseri umani, vale anche e soprattutto per Dio. Dio è, infatti, più potente di ogni essere umano e di ogni forza della natura. Dio è potenza di vita e di morte, potenza di salvezza e di distruzione: non si può vivere tranquilli se non si è in grado di addomesticare questa potenza e mettersi al riparo da essa. Per questo l’uomo, da sempre, cerca di conoscere Dio, per questo cerca di prendergli le misure. “Signore, mostraci la tua gloria”, dice Mosè. E questa non è solo la richiesta di Mosè, è la richiesta dell’uomo di ogni tempo. Fatti vedere per quello che sei, esci finalmente allo scoperto, togli il velo che ti copre così che possiamo vederti nella tua interezza, mostraci il tuo volto così che possiamo comprendere chi sei, cosa vuoi e quali sono i tuoi pensieri… 

Conoscere Dio ci è necessario. Ci è necessario per prevedere le sue reazioni, per anticipare le sue mosse, per schivare i suoi colpi, per controllarne gli umori e magari, perché no, piegarlo a nostro vantaggio.

Ecco la parola biblica che abbiamo ascoltato oggi ci dice che questa cosa non si può fare. Dio non si può comprendere, non si può controllare, non si può prevedere. Più ci si avvicina a lui, più ci si scopre lontani; più ci si addentra nel suo mistero più ci si rende conto che quel mistero è inafferrabile, è fuori dai nostri confini. Dio è e rimarrà sempre un mistero per noi.

Ma questo cosa significa ? Che di Dio non possiamo dire nulla , che non possiamo dargli un volto, che egli è condannato a rimanere per noi un enigma indecifrabile?

Tutt’altro. Noi Dio lo possiamo conoscere, ma lo possiamo conoscere solo custodendone il mistero. Ovvero, se saremo disposti ad ammettere che le categorie che usiamo sono insufficienti per dirne la verità, se sapremo riconoscere che c’è un di più che sfugge alle nostre classificazioni e un imprevedibile che ogni volta chiede di essere custodito con stupore e meraviglia. 

Dio noi lo possiamo conoscere, ma solo se saremo disposti a accoglierlo come un dono rinunciando a controllarlo per asservirlo ai nostri bisogni.

Dio noi lo possiamo conoscere, ma solo se, rinunciando ad ogni esplorazione della ragione, avremo il coraggio di impegnarci con lui in una relazione di amore appassionata e totalizzante, perché solo l’amore permette di accedere al mistero dell’altro. Anche di quell’altro che è Dio. Soprattutto di quell’altro che è Dio…

Oggi, celebriamo la Trinità. Per qualcuno la parola Trinità è un modo di svelare la verità di Dio, un modo per spingersi con la conoscenza fino a raggiungere l’essenza stessa di Dio, per me è il modo di salvaguardarne il mistero. 

Un mistero che solo chi ama può raccontare e comprendere …

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