Il prezzo della pace

Omelia del 29 agosto 2021 (Mt 10, 28-42)

Il prezzo della pace

Ci sono dei valori che sono comuni perché fanno parte di quel bagaglio di umanità che è dotazione di ogni essere umano indipendentemente dal luogo in cui vive o dalla religione che professa. Uno di questi è la pace. La pace è un valore universale, è una tensione originaria dell’esperienza umana che ci ricorda che la natura più profonda dell’essere umano è quella dell’essere “in relazione”. 

A motivo di ciò il desiderio della pace lo troviamo al di qua di ogni confine tracciato dalle appartenenze culturali, politiche o religiose di questo mondo e nessuno se ne può appropriare in modo esclusivo. La pace è cercata, promossa, incoraggiata e difesa da tutti: cristiani e non cristiani, uomini di fede e atei, tradizionalisti e progressisti. Ogni essere umano per il fatto di essere umano ha il dovere di cercare e promuovere la pace e chi non lo fa non lo fa non in forza di qualche ideologia che possa essere in qualche modo legittimata dal dibattito pubblico, chi non lo fa non lo fa semplicemente perché disumano. 

Abbiamo tutti davanti agli occhi, in questi giorni, le raccapriccianti scene di aggressione, arbitraria e violenta, consumatisi ai danni del popolo afghano, scene che non solo lontane dalle situazioni di persecuzione evocate sia dal libro dei Maccabei, sia da Gesù nel vangelo e che ci rimandano ai tanti episodi di sopraffazione, di devastazione, di profanazione della vita umana che sono disseminate lungo il corso della storia.

Ebbene quando ci si trova davanti a scenari come questi, dobbiamo dircelo, la religione, la politica, la cultura non c’entrano niente, c’entra solo la barbarie. Quando ci si trova di fronte a uomini che vivono con il mitra in mano e fanno della violenza indiscriminata e cieca la propria legge di vita l’unica cosa che possiamo dire, al di là degli stereotipi, è che la vita ha perso inesorabilmente e irrimediabilmente la qualità umana che le è propria.

La pace è un bene di tutti e oggi più che mai abbiamo bisogno di uomini che la sappiano difendere quando c’è e costruire quando non c’è perché è da qui e solo da qui che passa il processo di umanizzazione del nostro mondo e delle nostre vite.

Se è vero che la pace è e deve essere un valore per ogni uomo è, però, anche vero che a questo termine non diamo tutti lo stesso significato: la pace che Gesù promette ai suoi discepoli e che loro affida perché ne diventino portatori non è una pace qualunque, non è la pace secondo l’accezione che ne dà il mondo. “Io non sono venuto a portare la pace”, dice Gesù. Ovvero: io non sono venuto a portare la pace se la pace è quella che voi pensate”.

Ma che cos’ha dunque di così speciale e nuovo la pace come la intende Gesù? Per cominciare, essa è frutto di un esercizio rigoroso della libertà e non è cosa da poco se pensiamo che il più delle volte noi la pace riusciamo ad immaginarla solo come l’esito di una rinuncia a prendere posizione, di una rinuncia a scegliere.

È così: nel nostro più comune modo di pensare la pace è una realtà possibile solo se si ha cura di mantenere i contorni sfumati, solo se le posizioni non sono troppo nette, solo se si sceglie di permanere nell’anonimato, permettendo a ciascuno di vivere e operare senza mai doversi scontrare con la libertà dell’altro.

E se ne capisce il motivo: perché noi concepiamo la pace come assenza di conflitti e perché questo possa accadere tutto ciò che potrebbe fungere da provocazione, tutto ciò che potrebbe metterci di fronte a qualcosa di diverso, un pensiero diverso, una prospettiva diversa, un giudizio diverso, va sistematicamente eliminato. Non così per Gesù: per Gesù la pace nasce dallo scontro con l’altro, nasce dal violento impatto con la sua diversità, dal dover fare i conti di continuo con la sua libertà.  

È solo passando per questa via impervia, non usuale, paradossale, che la pace diventa una meta possibile. Una pace che trae, infatti, la sua origine dalla fuga dall’altro non può che essere una finzione: non ci sono conflitti perché non c’è relazione. 

Perché ci sia la pace, dice Gesù, bisogna avere il coraggio di essere sé stessi e andare incontro all’altro, disposti a misurarsi con la sua diversità. La pace non si edifica sul compromesso, ma sulla radicale fedeltà a sé stessi e alla propria scelta di vivere con passione l’urgenza del Regno.

E arriviamo al cuore dell’insegnamento di Gesù. 

Per Gesù la pace è il frutto maturo di una vita totalmente spesa per l’edificazione del regno, dove per edificazione del regno si intende l’edificazione di un mondo in cui ciascuno possa fare esperienza della tenerezza, della premura, della sollecitudine di un Dio per il quale anche i capelli del capo sono preziosi; è l’edificazione di un mondo in cui vibri il respiro di una fraternità che va oltre i legami di sangue e l’appartenenza sociale; un mondo dove chi sta fuori conta come chi sta dentro, dove il singolo uomo è più importante degli interesse di famiglia e delle ragioni di stato.

Ai tempi di Gesù famiglia era la struttura fondamentale dell’organizzazione dei villaggi e presiedeva alla vita sociale ed economica delle persone, e l’appartenenza culturale e religiosa era l’elemento di riconoscimento nel quale ogni Israelita poteva ritrovare la propria identità. 

Gesù fa esplodere questo chiuso ambito di riferimento assumendo come orizzonte della sua predicazione le esigenze di un Regno che orienta decisamente verso l’ideale di una fratellanza universale abitata dalla forza coesiva di un amore che ha in Dio il suo fondamento.

Solo passando attraverso l’amore e attraverso questo amore teologicamente fondato, dice Gesù, la pace smette di essere un’utopia e diventa bene possibile. 

Ma per essere all’altezza di questo amore, capace di spiantare gli antichi interessi di casta e resistere alla spinta dell’odio e della violenza bisogna imparare ad amare e a vivere come Gesù perché è Gesù l’espressione compiuta dell’amore su cui si edifica il Regno di Dio.

E bisogna farlo, disposti ad incamminarci, come lui, sulla via della croce, sulla via dell’amore sino alla fine, rinunciando a vivere per noi stessi e imparando a vivere per gli altri. Se sapremo farlo, pagandone il prezzo fino in fondo, la pace non solo sarà possibile, ma sarà l’inizio di un mondo nuovo, finalmente redento.

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