Sono la serva del Signore …

Omelia del 19 dicembre 2021 (Lc 1, 26-38a)

Sono la serva del Signore …

“Sì” è senza dubbio una delle parole che usiamo di più nella nostra vita quotidiana.

La usiamo per rispondere ad un appello, la usiamo per acconsentire ad una proposta, la usiamo per liquidare discorsi che non abbiamo voglia di fare. Raramente, però, questi “sì” che diciamo in gran quantità, hanno il potere di cambiare la nostra vita. E questo perché questi “si”, nella maggior parte dei casi, noi li diciamo senza pensarci e con sufficienza. 

Diciamo “sì”, ma qualche volta non sappiamo neanche a che cosa abbiamo detto “sì”; diciamo si, ma, il più delle volte, senza valutare attentamente le conseguenze che la nostra adesione comporta; diciamo “sì”, ma con la consapevolezza che un “sì” non è per la vita, un “sì” può sempre essere rettificato nel momento in cui ci si accorge che la strada intrapresa non è quella giusta. Si può sempre tornare indietro…

I nostri sono “sì” disimpegnati, “sì” detti con leggerezza e, spesso, senza convinzione: per questo non lasciano il segno. 

Diverso è il “sì” di Maria, e difatti quel “sì” un segno lo ha lasciato, e indelebile. Generando Gesù, infatti, Maria segna un punto di non ritorno per l’intera storia umana: avvia il tempo del compimento, il tempo della nuova ed eterna alleanza da cui scaturisce la salvezza per tutti

Ora, mi chiedo: che cosa rende questo “sì” di Maria così speciale, che cosa lo rende così decisivo?

Anzitutto questo: il “sì” di Maria non è un azzardo, e non è neanche una reazione ingenua ed emotiva, il “sì” di Maria, contrariamente a quel che solitamente si dice, è l’esplicitazione di un consenso che nasce dall’ascolto e dal discernimento. Maria si interroga, vuole sapere, pone domande, cerca di capire quale sia il senso di ciò che le sta accadendo. C’è un verbo nel testo che descrive in modo efficace questo desiderio di conoscere da parte di Maria: è il verbo greco “dialoghizomai”. È un verbo che noi normalmente trascuriamo perché ciò che ci attrae maggiormente in questo racconto è l’inizio e la fine, l’annuncio dell’angelo e la risposta di Maria. 

Tutto quel che sta in mezzo non ci interessa o ci interessa relativamente, e invece è proprio quel che sta in mezzo, quel che Maria fa e dice interagendo con l’angelo di Dio, a dirci quale sia la natura autenticamente umana e religiosa di quel “sì” che ella pronuncia per sé e per noi.

Ma torniamo al nostro verbo: dialoghizomai. Che cosa significa? Significa calcolare, meditare, considerare, riflettere. Ma se stiamo all’etimologia del verbo il significato si colora di una sfumatura ancor più suggestiva: dia-logos, attraversare il logos, attraversare il senso. 

Maria non è una che si accontenta di rimanere in superficie, non è una che si accontenta di quel che appare, è, al contrario, una che cerca in profondità, che desidera comprendere il senso profondo di ciò che accade, cercando di capire di volta in volta in che modo esso possa intercettare la sua vita. 

E tutto questo Maria lo fa attraverso il confronto, attraverso il dialogo: la parola italiana “dialogo” viene da qui. Lo fa attraverso la dialettica, attraverso la domanda e attraverso la risposta. Lo fa attraverso l’ascolto, ma non l’ascolto distratto di chi alla fine non assimila nulla, piuttosto, l’ascolto profondo di chi interiorizza, di chi fa suo quel che sente, mettendolo al vaglio della propria intelligenza e della propria fede.

E badate bene: questo desiderio di sapere, questa attitudine all’interrogarsi non è esclusiva di questo specifico momento della vita di Maria, è piuttosto una costante della sua vita. I vangeli ci dicono spesso di lei che meditava nel suo cuore. Il verbo è lo stesso. Maria non ha mai smesso di voler comprendere, non ha mai smesso di cercare il senso di ciò che accade e non ha mai smesso di cercare di capire quale fosse il proprio ruolo all’interno della storia della salvezza. 

La fede è ricerca, dialogo, intelligenza. Non dovremmo mai dimenticarlo…

Eviteremmo di apparire come degli sprovveduti, degli ingenui che si bevono tutto quel che gli viene detto, e che non riescono a rendere ragione di sé e della propria fede. Oggi noi abbiamo bisogno di cristiani che cerchino, di cristiani che riflettano, di cristiani che siano disposti al dialogo, di cristiani che si interroghino su di sé, sul mistero di Dio, sul proprio esserci come testimoni del vangelo dentro questa storia.

Ciò che rende speciale il “sì” non è, però, solo l’ascolto e il discernimento, è la sua disponibilità a mettersi, senza condizioni, al servizio della volontà di Dio. 

Il “sì” di Maria non è a termine e, soprattutto, non è associato ad una richiesta specifica, il “sì” di Maria è un atto di consegna che impegna tutta la vita, è un atto di amore con il quale ella si mette incondizionatamente nelle mani del suo Signore. Quando lui vorrà, lei ci sarà. Quando ne avrà bisogno, potrà contare su di lei…

Ecco la serva del Signore: si faccia di me secondo la tua parola.

Con il suo “sì” Maria accetta di fare del desiderio di Dio il proprio desiderio, accetta di fare della storia di Dio la propria storia personale. E così si mette al pari dei grandi uomini che hanno solcato la storia biblica e con cui Dio, in amicizia, ha condiviso il proprio progetto di alleanza.

Maria intuisce che il sì della fede non è una collaborazione temporanea, ma il dono della propria stessa vita: il dono di sé stessa al Signore.

Siamo capaci noi di fare altrettanto?

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