Salire sull’albero …

Omelia del 27 febbraio 2022 (Lc 19, 1-10)

Salire sull’albero …

Tanto per incominciare … Zaccheo merita i nostri complimenti!

Merita i nostri complimenti perché salire su un sicomoro è impresa ginnica di tutto rispetto: io personalmente ci ho provato più di una volta, ma senza successo. E perché non si faccia spreco di facile ironia del tipo “e da quando tu sei un test attendibile …?”, voglio ricordare che, come me, molti altri ci hanno tentato ottenendo lo stesso misero risultato. 

Ma, a parte l’ammirazione per le qualità atletiche messe in mostra da Zaccheo, io a Zaccheo vorrei fare i complimenti perché, bisogna riconoscerglielo, salire sull’albero è stata un’invenzione geniale, di quelle che fanno scuola …

Che cosa vuol dire, infatti, salire sull’albero? Vuol dire vedere ogni cosa senza essere visti, vuol dire sperimentare tutto, ma senza la scocciatura di dover prendere mai posizione! 

Salire sull’albero è un po’ come costruirsi un punto di osservazione sulle cose, su Dio, sugli altri, a cui poter ricorrere ogni volta che si vuole per saziare la propria curiosità e la propria avidità di esperienze, rimanendo, però, attenzione, a distanza di sicurezza. Il giusto, per non doversi compromettere in decisioni dalle quali non si torna più indietro …

Ditemi: non sarebbe esaltante poter assaporare la bellezza dei rapporti umani, senza doversi giocare in prima persona, in modo da evitare il rischio di molte delusioni e fallimenti …? 

Non sarebbe straordinario poter vivere sperimentando ogni cosa e consumando ogni avventura disponibile, senza, però, l’effetto collaterale che le nostre scelte ci si rivoltino contro e le nostre azioni pesino in modo irreversibile sul nostro futuro e sul futuro delle persone che ci circondano? 

Non sarebbe grandioso poter disporre di una fede capace, all’occorrenza, di assicurarci consolazione nei momenti della prova e una pronta risposta nel momento del bisogno, senza che si debba investire in una relazione con Dio che esiga la conversione del cuore e della vita. Pensateci: una fede dalle poche pretese, che si accontenti dell’adempimento di qualche precetto da barattare con il silenzio della propria coscienza e l’illusione della propria giustizia. 

Non è quello che vorremmo? 

Non è quello che vorremmo poter vivere dentro una società con la pretesa di fruirne i servizi, senza mai impegnarsi in essa e senza mai mettersi al servizio della comunità … 

Zaccheo, con il suo salire sull’albero, non si limita a mettere in mostra la sua destrezza, lancia uno stile di vita: lo stile di vita di chi si tiene a distanza, di chi si trattiene dal giocarsi perché giocarsi è rischioso, di chi fa ogni cosa, senza però crederci davvero … e senza investimento del cuore e della vita, perché gli investimenti, quelli del cuore soprattutto, lasciano spesso ferite difficilmente rimarginatili.

Salire sull’albero è uno stile di vita, fatto di prudenza, di cautela e di circospezione.

È lo stile di Nicodemo che va da Gesù di notte, per non essere visto, è lo stile di Pietro che dopo l’arresto di Gesù, segue il maestro guardandolo da lontano, perché nessuno lo riconosca. Forse è anche il nostro stile di vita! 

Fino a che accade l’inatteso: Gesù vede Zaccheo tra le foglie del grande albero, lo stana, costringendolo a prendere posizione, a compromettersi…

Le parole di Gesù sono eloquenti e la sua lezione limpida!

Non puoi seguire Gesù rimanendo sull’albero, se vuoi seguire Gesù devi scendere dall’albero, mischiarsi tra la folla, riprendere il proprio posto nel mondo tornando ad assumerti le proprie responsabilità. Non puoi entrare essere discepolo di Gesù rimanendo nell’anonimato ed evitando di incontrarlo e di prendere posizione nei suoi confronti. 

Lo sguardo e la voce di Gesù restituiscono Zaccheo a sé stesso, consegnandolo alla serietà del proprio compito, al peso inaudito di quella libertà che Dio ha donato all’uomo perché collaborasse con lui nella costruzione della storia! 

E in questa prospettiva scendere dall’albero è addirittura troppo poco! 

Bisogna avere il coraggio di andare oltre, bisogna avere il coraggio di aprire di aprire la casa. Questo è quello che Gesù chiede a Zaccheo: Oggi devo fermarmi a casa tua …

A dimostrare che la restituzione alla vita operata da Gesù nei confronti di Zaccheo è riuscita solo se si insinua nello spazio della quotidianità, solo se entra nel gioco delle cose che per noi veramente contano, se abilita a gesti coraggiosi e concreti che diventino sempre meno straordinari e sempre più ordinari …

Scendere dall’albero e aprire la casa! Per Zaccheo la via che porta alla salvezza passa da qui e anche per noi la via della salvezza passa da qui: sapremo percorrerla questa via, nonostante i rischi che comporta?

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