
L’immagine che nel racconto dei vangeli meglio rappresenta il mistero della resurrezione di Gesù è l’immagine del sepolcro vuoto. È il sepolcro vuoto ciò che le donne vedono quando all’alba del primo giorno si recano a rendere omaggio al corpo morto di Gesù ed è nel sepolcro vuoto che gli apostoli Pietro e Giovanni si imbattono quando accorrono in tutta fretta per sincerarsi delle parole delle donne. Non stupisce: quella del sepolcro vuoto è un’immagine potente, è un’immagine evocativa, è un’immagine efficace. E nello stesso tempo, però, è immagine che lascia spazio all’incertezza, che così come svela nasconde.
C’è chi vi vede la resurrezione di Gesù dai morti e chi vi vede il furto sacrilego di un corpo, chi vi vede il trionfo della vita sulla morte e chi vi vede l’inganno ben congegnato di una comunità di discepoli, chi vi vede l’inizio di un tempo nuovo che marca un punto di non ritorno rispetto al passato, e chi, invece, il ripetersi di eventi ordinari.
Anche noi questa sera, in questa veglia santa, ci troviamo, come le donne del vangelo, come Pietro e Giovanni, di fronte al sepolcro vuoto e, anche noi come loro, dobbiamo chiederci: che cosa vedono i nostri occhi? Cosa vediamo quando guardiamo il sepolcro vuoto?
La prima parola che deve essere percepita sulla soglia del sepolcro vuoto, secca, immediata, è la parola “no”. Questa è la prima cosa che dobbiamo vedere quando guardiamo il sepolcro vuoto è il materializzarsi del “no” di Dio nei confronti della croce di Gesù, nei confronti dalla violenza gratuita che lo inchioda alla croce, nei confronti della morte che rivendica il diritto assoluto sul destino degli uomini.
Il figlio ha detto “sì” a tutto questo, lo ha fatto proprio, lo ha accolto come il luogo tragico della testimonianza estrema dell’amore. E può dire, per parte sua, dall’alto della croce: “tutto è compiuto”. Il Padre dice “no”.
E con questo “no” esprime un giudizio, afferma in modo perentorio una condanna, dice con fermezza che così non va bene: la follia omicida che mette a morte il fratello non è e non sarà mai la sua volontà, sebbene si cerchi di darle una legittimazione religiosa, sebbene improvvidamente le si metta addosso un abito da cerimonia. Sia chiaro: Dio non sacrifica nessuno, semmai sacrifica se stesso. La rappresaglia che scatena la guerra contro il fratello non potrà mai essere volontà di Dio, così come l’ingiustizia che prevarica i diritti del povero e schiaccia la vita di chi è indifeso e vulnerabile. Volontà di Dio è altro! Ed è altro fin dal principio, fin dal primo respiro della creazione: è benedizione, è cura della vita in tutte le forme in cui essa si esprime, è accoglienza discreta e riconoscente della diversità, è destinazione felice per il tempo dell’uomo.
Il sepolcro vuoto è il “no” di Dio a tutto questo, come a dire la prepotenza, il sopruso, il disprezzo, l’interesse politico, l’estremismo religioso non possono avere l’ultima parola. Né può avercela la morte! Il “no” di Dio è anche il “no” pronunciato contro l’invadenza della morte, contro la sua ambizione, contro la sua pretesa di ricapitolare ogni cosa a sé e di costituire l’orizzonte ultimo e invalicabile della vicenda umana. Questa sera, Signore, ci dici che neanche la morte può avere l’ultima parola, non la può avere la rassegnazione impotente che ci fa dire che le cose devono di necessità andare così e non c’è niente che si possa fare per cambiarle, non la può avere il cinismo disincantato che, ancorando l’uomo alla terra, lo priva della possibilità di trasalire e di elevarsi oltre la pura materialità, non la può avere la disperazione che spegne il desiderio e mortifica la fede. Il sepolcro vuoto dice che qualcosa si è spezzato nell’ordine naturale delle cose, che né la morte, né l’ingiustizia possono tenere l’uomo in ostaggio. L’approdo dell’uomo, la sua destinazione definitiva, non è il sepolcro, ma il grembo di una vita che sconfina nell’eternità. Perciò il sepolcro è e deve rimanere vuoto.
A questo punto sorge, però, una domanda: se è così, se non è volontà di Dio che l’uomo sia ostaggio della morte e dell’ingiustizia, perché non intervenire prima? Perché non fermare la mano degli uccisori, perché non evitare che si faccia scempio del corpo del Figlio? Perché non autorizzare Gesù a scendere dalla croce?
Perché il sepolcro vuoto non è solo un “no”, è anche un “si”. È il “si” pronunciato da Dio a favore di Gesù e dalla sua scelta di stare dentro il “dramma” amando sino alla fine. Se la parola che risuona negli eventi è un chiarissimo e tragico “no”, la parola che risuona davanti allo spettacolo del figlio che dona la vita è un “sì” altrettanto chiaro.
In questa morte non c’è nessun ritiro della parola con cui il Padre aveva messo tutto nelle mani di Gesù. La parola che lo aveva chiamato “figlio diletto” non è ritirata, neanche quando Gesù è sulla croce. Al contrario: risuona in tutta la sua incredibile forza. Se durante la passione Gesù era rimasto solo ad affermare il nome del Padre, ora è il Padre che rimane solo ad affermare il nome di Gesù.
Perché? Perché Gesù è innocente e quel che ha subìto è un’angheria intollerabile?
Perché Gesù è Figlio di Dio e quindi Dio ha un occhio di riguardo nei suoi confronti?
Dio sta dalla parte di Gesù, è vero, ma il motivo non è né il senso della giustizia, né l’orgoglio paterno, il motivo è che Egli sa che la via intrapresa liberamente e consapevolmente da Gesù, quella della testimonianza estrema dell’amore, è l’unica via percorribile se si desidera sottrarre l’uomo al suo destino di morte. E così, se prima il sepolcro vuoto era una parola incondizionata di giudizio, ora quello stesso sepolcro vuoto diventa una parola di conferma e di approvazione.
Se non volete diventare ostaggi della violenza e della morte, l’unica strada praticabile è quella percorsa da Gesù. Non ce ne sono altre: l’unica strada percorribile è quella dell’amore perché l’amore è l’unico antidoto possibile alla deriva della violenza e al dominio incontrastato della morte, l’amore è l’unica forza capace di sottrarre l’uomo al suo destino sepolcrale. La resurrezione non è un trucco, non è un’intromissione estemporanea, è l’effetto irresistibile di un’onda travolgente di grazia che ha l’incedere del cammino di Gesù verso la croce, del suo offrire la sua vita per noi.
Ma c’è un altro motivo per il quale il sepolcro vuoto rappresenta un solenne sì pronunciato sul gesto d’amore di Gesù. E il motivo è che nella testimonianza estrema dell’amore fino alla fine, operata da Gesù, Dio ritrova sé stesso. Il sì che egli pronuncia sul Figlio è anche, e forse prima di tutto, un sì che Dio pronuncia su di sé. Nel Figlio, nella sua fedeltà tenace all’alleanza, Dio ritrova la verità di sé, e la ritrova non come una verità chiusa, ma come una verità divenuta finalmente accessibile e operante, una verità affidabile sulla quale si può ancora scommettere il destino del mondo.