L’amore di molti si raffredderà …

Omelia del 13 novembre (Mt 24, 1-31)

L’amore di molti si raffredderà …

Leggere questa pagina di Vangelo è come guardare certi film di fantascienza che oggi vanno tanto sul piccolo schermo. Sapete quei film apocalittici che parlano di catastrofi indicibili che si abbattono sull’umanità e di improbabili eroi pronti a sfidare la morte pur di salvarla. 

Anche il vangelo, infatti, parla di catastrofi, di devastazioni, di terremoti e di sconvolgimenti cosmici, e anche il vangelo parla di adoperarsi per salvare la propria vita. Ci sono però delle differenze ed è proprio su queste differenze che voglio soffermarmi. 

La prima. 

È vero… in questa pagina di vangelo si parla di catastrofi, ma parlando di catastrofi l’evangelista non descrive ciò che potrebbe accadere in un futuro più o meno remoto, quel che descrive è una pagina di vita vissuta, eventi drammatici che hanno segnato profondamente la sua vita e la vita della sua comunità.  L’evangelista non parla del futuro, ma del suo presente e sembra dirci di fare altrettanto. Non preoccupatevi di quel che accadrà, sembra dire. La catastrofe, infatti, non appartiene al futuro, la catastrofe fa già parte del presente: è l’orizzonte invisibile e silenzioso sullo sfondo del quale noi muoviamo i nostri passi già da ora. E basta guardarci attorno per rendercene conto: devastazione, rumori di guerra, sconvolgimenti climatici non sono ciò che ascoltiamo quotidianamente nei telegiornali e leggiamo sui quotidiani? 

Seconda differenza. 

Nei film apocalittici le reazioni alla devastazione annunciata sono normalmente di due tipi. C’è anzitutto il panico, la disperazione! Il ritmo delle scene si fa più veloce, tutti corrono, scappano in preda ad un’isteria collettiva, code di auto affollano le strade, la gente perde il controllo, la violenza dilaga, tutti si mobilitano nella speranza di trovare un posto sicuro che li preservi dalla morte. Non c’è, però, soltanto la disperazione. C’è anche la rassegnazione. Che cos’è la rassegnazione? È l’atteggiamento un po’ cinico di chi, preso atto dell’impossibilità di venire a capo del problema, accetta serenamente la propria sorte, senza lottare.“Tanto non ci si può fare niente, è scritto che deve andare così, è inutile darsi tanto da fare, non serve a nulla”: sono solo alcune delle affermazioni che sentiamo pronunciare da chi vive nella rassegnazione. 

Ebbene, a queste reazioni Gesù ne aggiunge una terza: il venir meno della passione: l’amore di molti si raffredderà…

E ci dice che è questo l’effetto più drammatico e più di rompente che la paura della catastrofe genera in noi. Che cos’è la mancanza di passione? La mancanza di passione è quando facciamo le cose, ma non le facciamo con il cuore, è quando facciamo le cose, ma non le facciamo con convinzione e consapevolezza.  È quando ci lasciamo prendere dall’abitudine che rende ogni cosa meccanica e ordinaria, è quando ci lasciamo prendere dal cinismo che ci porta ad agire solo e unicamente per convenienza, è quando ci lasciamo prendere dall’indifferenza che ci rende impermeabili a tutto, alle persone, alle situazioni, agli eventi.

Attenzione, dice Gesù, a che la consapevolezza della catastrofe imminente non vi tolga la passione perché, togliendovi la passione, vi toglierebbe anche la vita. La passione, infatti, è la fiamma che tiene accesa la vita, l’aria che la fa respirare, la luce che la rende bella. Senza passione siamo solo degli automi. Siamo individui che fanno tante cose, ma che hanno perso il gusto di ciò che stanno facendo. 

Mi chiedo se non sia questo il nostro vero problema oggi mi chiedo se Gesù non abbia colto nel segno nell’indicare proprio nel raffreddamento dell’amore quel fondo di miseria e di desolazione che rende la nostra vita talvolta così opaca e insignificante. E non solo la vita, anche la nostra fede. Perché diciamocelo: spesso la nostra fede è senza passione. Ci atteggiamo da cristiani, preghiamo con devozione, andiamo a Messa, ma la verità è che abbiamo perso la passione, abbiamo perso l’amore, abbiamo perso la gioia dell’essere cristiani e questo è il motivo per cui la nostra testimonianza diventa spesso così poco credibile. 

Signore, all’inizio di questo avvento ti chiediamo: riaccendi in noi la passione, riaccendi noi l’amore per la vita e l’amore per te così da poter diventare un antidoto efficace sia al dilagare della disperazione, sia al dilagare della rassegnazione. 

Arriviamo alla terza differenza: l’eroe. 

Nei film c’è sempre un eroe, uno scienziato, un soldato e che dando prova di coraggio, tra mille peripezie, alla fine risolve la situazione salvando tutti. Anche il Vangelo hai il suo eroe, ma l’eroe di cui parla il Vangelo non è con lui che alla fine risolve il problema evitando la devastazione.  

Nel Vangelo le catastrofi fanno parte dell’inevitabile che la storia porta con sé. L’eroe di cui parla il Vangelo è colui che, nella catastrofe, si mantiene fedele al Vangelo testimoniando con perseveranza e coraggio la parola dell’amore certo che solo questa parola è in grado di tenerci in vita, impedendoci di soccombere.

L’eroe è ciascuno di noi nella misura in cui, di fronte alla difficoltà, anziché cadere nella disperazione e nella rassegnazione sappiamo essere, dice il vangelo, costruttori del regno mostrando a tutti che solo nell’amore c’è la salvezza. 

Oggi accogliamo questi bambini, Dio li ha scelti perché diventino suoi amici. Nel loro cammino incontrino cristiani capaci di aiutarli a crescere nella loro fede. Cristiani appassionati di Dio che insegnino loro non solo a conoscere, ma anche ad amare Dio, Cristiani appassionati della vita che li aiutino a riconoscere Dio nella bellezza di tutto ciò che esiste. Cristiani capaci di testimoniare il vangelo che insegnino loro a credere nella forza salvifica dell’amore. E voi bambini dovete metterci tutto il vostro impegno e tutta la vostra disponibilità. Oggi incomincia un’avventura meravigliosa per voi, ed è reale, non è finta come quella dei film o dei video giochi, vivetela fino in fondo!

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