
La prima cosa che mi sono detto prima di partire è stata: alla prima esperienza dopo tante proposte di pellegrinaggio nei “luoghi dove ha vissuto Gesù”, mai sfruttate per i motivi più diversi, mi sento comunque impreparato: come se mi aspettasse qualcosa di inesplorabile. Mi accompagnavano l’aspettativa di andare lontano, l’aspettativa del pellegrinaggio vero e proprio, l’aspettativa del bilancio che ne avrei tratto dopo.
Amici e parenti mi avevano prospettato un viaggio che lascia il segno, o che avrebbe portato un cambiamento. A me sembra invece di essere tornato con una valigia piena di domande, ancora più piena di domande rispetto a quelle che ci avevo messo dentro alla partenza… pensando di trovare là le risposte. Alcune risposte, almeno.
Abbiamo trascorso una settimana piena di cose da vedere, di percorsi da seguire (a volte finite sotto una cascata rinfrescante (En Gedi) a volte fatte tra cespugli spinosi (da Gerico a San Giorgio in Koziba). La Terra Santa è un Mistero, come ci ha ricordato una nostra guida, ma le risposte al mistero non sono in Terra Santa.
E, strada facendo, di racconti da ascoltare e da condividere: la prima scoperta è quella di come le persone hanno desiderio di raccontarsi, e di come ancora mi meraviglio a ciascun racconto. La relazione, mi dico, nasce proprio dal raccontarci; di alcune persone so già qualcosa dalla frequentazione in parrocchia, mentre altre le ascolto per la prima volta. Mi dico che, quando il pellegrinaggio in mezzo agli altri continuerà, a volte faremo tappa presso un’oasi rinfrescante, a volte saremo su un sentiero stretto, tra cespugli spinosi.
C’è poi il viaggio nella sua dimensione turistica e politica: due popoli che hanno egual diritto di stare su un territorio, e tuttavia incapaci di accettare il vicino senza diffidenza. Tra Isacco e Ismaele si precepisce ancora una diseguaglianza su chi ha piu’ mezzi, di solito economici, e su chi vive come in una prigione a cielo aperto.
La seconda sorpresa è allora questa: assistere allo spettacolo di un popolo che ha sofferto per la mancanza di empatia di altri popoli, per le persecuzioni dei regimi totalitari e violenti di oltre tre millenni di storia – fino a dubitare ripetutamente della protezione promessa dal Signore della Storia! – e che attualmente è attraversato dalla tentazione di diventare a sua volta, a suo modo, persecutore e totalitario. Mi è sembrato che Israele sia oggi un popolo costretto a vivere sempre tenendo alta la guardia, sotto scacco dell’incubo di un nemico-convivente, costantemente pronto ad attaccarlo. Mi sono pure detto che queste contraddizioni e i conflitti irrisolti sono sì dei popoli, ma anche della singola persona.
C’è stato, infine, il percorso più strettamente legato alla spiritualità e alla meditazione: molto abbiamo sostato per riflettere su Gesù, pellegrino anche lui a Gerusalemme, da ragazzino con la carovana assieme ai genitori, da cui si allontana senza farsi accorgere (ma non è quello che devono sperimentare tutti i genitori, questo allontanamento?); poi da adulto, per scegliere i suoi discepoli a Cafarnao, ed essere maestro e testimone di come la Misericordia sia l’unico mezzo per interrompere le catene di odio, alimentate con la voglia di rivalsa e col desiderio di avere sempre noi l’ultima parola in qualsiasi disputa… così le dispute non finiscono mai, e diventano “escalations” d’odio e di ritorsioni.
La terza sorpresa è allora questa: diventare consapevoli che come uomini siamo bravi a preparare un mondo pieno di tombe, come quelle dei cimiteri ebraico e arabo ai piedi della collina di Gerusalemme (come sono simili, se non fosse per l’alfabeto usato sulle lapidi!). Eppure, prima della sepoltura sappiamo che c’è qualcuno come la Maddalena, per cui siamo degni di una sepoltura amorevole; che durante la sepoltura nei sepolcri in cui siamo rinchiusi (ad esempio, siamo sepolti dai beni che consideriamo irrinunciabili), Qualcuno viene a svegliarci dicendo “Vieni fuori!”, come è accaduto a Lazzaro; infine, che quando siamo disposti a tutto pur di non perdere l’Amore della nostra vita, magari pretendendo che rimanesse in una tomba, il comando cui dovremo obbedire e’: “non mi trattenere!”. Lascia cioè che possa diventare il seme che, morto per tutti, a tutti possa portare molto frutto.
Luca Caiazzo