
Permettetemi di incominciare con una storia.
È la storia di un giovane disorientato e confuso che non sapeva che cosa fare del suo futuro. Sapeva che Dio aveva un progetto per lui, e che solo accogliendo quel progetto sarebbe stato felice, ma non aveva la più pallida idea di quale fosse questo progetto.
Sposarsi e mettere su famiglia? Dedicarsi a Dio diventando un monaco o un prete? Buttarsi nella vita pubblica, impegnandosi a tempo pieno per il bene degli altri? Partire alla volta di terre lontane per annunciare il Vangelo a chi non lo conosce ancora?
Il nostro giovane tormentato proprio non sapeva darsi una risposta. Ogni tanto si convinceva di aver capito quale fosse la strada da percorre, ma subito dopo era assalito da mille dubbi. e se non fosse così, se non fosse questa la strada giusta ma quell’altra? È così ritornava al punto di partenza.
Esasperato da questa situazione decise di chiedere aiuto. Sapeva che in cima alla montagna c’era un vecchio monastero e che lì abitava un vecchio Monaco, un uomo di Dio, a cui tutti attribuivano grande saggezza. Lui, forse, avrebbe potuto aiutarlo. E così, decise di incamminarsi verso la cima della montagna.
Arrivato in cima il monastero era lì che lo guardava. L’ingresso era una piccola porta di legno, la apri e si trovò in grande cortile.
In un angolo del cortile, all’ombra di un’imponente quercia c’era il vecchio monaco. Gli si avvicinò, ma non disse nulla per non turbare la quiete di quel luogo. Fu il vecchio a rompere il silenzio.
Dimmi ragazzo, di cosa hai bisogno? Il giovane raccontò al monaco che cosa lo tormentava e il monaco gli rispose: “se vuoi conoscere qual è la volontà di Dio su di te l’unica cosa che devi fare è ascoltare quel che Dio ti dice”.
“Ma io lo ascolto”, disse il giovane. “Forse non lo ascolti abbastanza”, ribatté il Monaco. Il giovane incasso il colpo e decise che da lì in avanti nulla lo avrebbe più distratto dall’ascolto di Dio. Se Dio avesse parlato lui ci sarebbe stato.
Tornando a casa incontrò sul sentiero un poveraccio che mendicava. Gli disse: “non posso darti retta, sto aspettando che Dio mi parli e non posso distrarmi”. Arrivato in paese un amico gli disse che aveva bisogno di parlare, ma egli rifiuto dicendo che non era il momento giusto perché aspettava una parola da Dio e non poteva distrarsi. Entrò in casa, i suoi genitori gli chiesero di badare al fratellino, ma anche quella era una fonte di distrazione e pertanto disse di no, disse che aveva altre cose più importanti da fare cose che riguardavano la sua vita.
Poi spazientito decise di andarsene in un luogo solitario, fuori paese, dove nessuno avrebbe potuto distoglierlo dall’ascolto dalla parola di Dio. Ma gli unici rumori furono il frusciare del vento e il canto degli uccelli. Nessuna voce attraversò quel silenzio men che meno quella di Dio.
Deluso e irritato, il giovane decise di tornare sulla montagna, dal monaco.
“Tu mi hai detto di mettermi in ascolto di Dio e di non lasciarmi distrarre da nulla e io tutto questo l’ho fatto”, ma niente, di Dio nessuna traccia”.
Il monaco lo guardò con tenerezza e gli disse con fare paterno: “hai presente il povero che hai incontrato lungo il sentiero e che tu hai scansato frettolosamente, bene, lui era una chiamata di Dio; hai presente l’amico che in paese ti ha chiesto di poter parlare, lui era una chiamata di Dio; hai presente tuo fratello di cui ti era stato chiesto di prenderti cura, lui era una chiamata di Dio.
Ogni attimo di vita che ti viene donato e una chiamata di Dio da riconoscere e da custodire. Vuoi sapere che cosa Dio vuole da te? Che tu viva il tuo presente, l’oggi della tua vita con responsabilità.”
Vivere la vita come vocazione significa questo: riconosce in essa la volontà di Dio per ciascuno di noi. Riconoscere che Dio d noi vuole questo: che accogliamo il nostro oggi con le sue fatiche, le sue amarezze, le sue preoccupazioni, cercando di fare di esso qualcosa che somigli al regno di Dio.
Ci sono persone che passano la vita a chiedersi che cosa Dio voglia da loro senza riuscire a portare a casa una risposta.
Il motivo è che sono troppo sbilanciati sul futuro, sul domani, sul che cosa dovrà essere e dimenticano che è attraverso il presente e le sue incombenze che Dio ci rende partecipi della sua volontà e ci fa collaboratori della sua gioia e della sua pace.
Oggi il Vangelo ci dice questo: ci dice che dobbiamo rimanere fedeli al nostro presente. È lì che Dio ci vuole, anche se ci costa fatica, anche se non ci piace, anche se è penoso ed estenuante.
Noi conosciamo bene la tentazione della fuga. E ne conosciamo bene le declinazioni:
Il disimpegno. Questo mondo non è il nostro mondo, il nostro mondo è l’altro, quello che ci attende alla fine dei nostri giorni. Questo è solo un tempo di passaggio.
La rassegnazione passiva. Questo mondo, quello in cui viviamo, a differenza dell’altro che ci attende, è un mondo corrotto e lo sarà sempre. Non vale la pena darsi da fare per cambiarlo.
La rimozione. Facciamo finta di non vedere. Ci rintaniamo all’interno delle bolle sapientemente costruite e ci rifiutiamo di guardare ciò che accade fuori. Ci blindiamo dentro ai nostri mondi protetti e ci rifiutiamo di confrontarci con la miseria e la devastazione che imperversano intorno a noi.
Oggi il Signore ci chiede di non fuggire, di vivere fino in fondo il nostro presente, nonostante tutto, di abitare il dramma se necessario. Solo così potremo vivere appieno la nostra più vera e autentica vocazione che è quella di essere in ogni momento della nostra vita segni della benedizione di Dio.