Versare acqua di benedizione …

omelia del 18 settembre (Gv 5, 25-36)

Versare acqua di benedizione …

Il bello di Dio è che non è mai scontato… 

Se provi a definirlo egli si mostra sfuggente, se provi a prevedere le sue mosse egli ti sorprende, se provi a circoscriverlo dentro un’idea o in un concetto egli si sottrae, se cerchi di localizzare la sua presenza egli si nasconde. “Io sono colui che sono”: anche il suo nome è totale inafferrabilità.

Eppure, in una cosa Dio è assolutamente prevedibile: nella sua disposizione nei confronti degli uomini. 

Non importa quanto grande sia il peccato commesso, non importa quanto bruciante sia l’offesa perpetrata nei suoi confronti, non importa quanto sia grave il tradimento, egli non distoglierà mai dall’umanità il suo sguardo pieno di misericordia. La sua dedizione tenera e tenace nei confronti dell’essere umano non verrà mai meno.

E questo perché Dio è così: amare è la sua natura, il suo DNA, ciò che lo qualifica sopra ogni altra cosa.

Egli non è e non sarà mai colui che condanna, ma colui che perdona, non sarà mai colui che destina alla morte, ma colui che dischiude alla vita. 

Riuscissimo a capire questa cosa e a capirla per davvero non dovremmo più vivere nell’angoscia del suo giudizio o nel terrore di una sua possibile rappresaglia. E non dovremmo nemmeno più nasconderci, come Adamo nel giardino, avvinti dalla paura di essere visitati dal suo occhio inquisitore. 

Il nostro Dio è il Dio della vita, è il Dio dell’amore.

A dircelo è anzitutto il profeta Isaia. Le avete ascoltate le sue parole: sono parole di giudizio che non ammettono sconti: le colpe di Israele vengono sgranate ad una ad una come fossero il verbale di un’imputazione senza appello. 

Ma quando tutto sembra presupporre l’affondo dell’inevitabile condanna, contro ogni evidenza, Dio dice “io cancello i tuoi misfatti per amore di me stesso, e non ricordo più i tuoi peccati. Verserò acqua sul suolo assetato, torrenti sul terreno arido. Verserò il mio spirito sulla tua discendenza, la mia benedizione sui tuoi posteri. È bellissima l’immagine dell’acqua versata: fa venire alla mente quel che fa il contadino quando va ad irrigare il suo orto con la speranza che in esso germogli la vita. 

Anche Dio ha un orto: si chiama Israele. Ma è un orto devastato. L’esilio ha reso questo orto un orto arido e senza vita. Israele non ha più una terra, non ha più una discendenza, non ha più una speranza. È tutto da ricreare, perciò Dio versa, a sigillo dell’alleanza ricostituita, l’acqua del suo spirito perché sia fermento di nuova creazione, dono di una vita che si rinnova.

Anche nel vangelo, sapete, si parla dell’acqua della vita: indirettamente perché l’acqua non compare formalmente nel testo. E tuttavia la sua presenza e il suo richiamo, benché sottotraccia, sono evidenti.

Considerate il luogo in cui Gesù pronuncia il suo discorso sulla vita e sul giudizio. Siamo a Betesda. Letteralmente: casa delle due fonti. 

Si tratta di un’area termale situata a Gerusalemme vicino alla porta delle pecore. In essa confluivano i canali di scolo dell’area del tempio e per questo motivo si riteneva che le sue acque fossero terapeutiche e curative. Erano in molti ad andare in quel luogo: storpi, zoppi, persone affette da menomazioni e da difetti di ogni tipo. Tutti accomunati dall’attesa di una guarigione miracolosa. 

Nel caso di Isaia c’è un popolo devastato e senza speranza, un popolo schiacciato dal peso delle proprie colpe irredente, qui c’è un’umanità devastata dalla malattia e dalla sofferenza, un’umanità senza futuro, irreversibilmente segnata dalla morte, un’umanità nella quale non facciamo fatica a riconoscerci. 

Anche su questa umanità dev’essere versata l’acqua della vita. Anche su questa umanità bisogna che Dio riversi il suo Spirito perché diventi fermento di nuova creazione: per questo Gesù va a Betesda e per questo Gesù a Betesda guarisce il paralitico: per attestare la forza di una benedizione che non si è interrotta, una benedizione che continua ad essere portatrice di vita, una benedizione che però non passa dall’acqua di una piscina terapeutica perché contaminata dal sangue degli agnelli sacrificati nel tempio. 

La benedizione di Dio che rigenera per tutti la vita, passa ormai attraverso i gesti e le parole di Gesù che nella testimonianza della cura e della dedizione attestano l’amore irreversibile e fecondo di Dio: «In verità, in verità io vi dico: “viene l’ora – ed è questa – in cui i morti udranno la voce del Figlio di Dio e quelli che l’avranno ascoltata, vivranno”

La benedizione di Dio è ancora acqua che feconda la terra, ma questa volta l’acqua scaturisce dal fianco aperto di Cristo sulla croce: solo l’amore che dona la vita, infatti, è in grado di donare la vita che non muore …

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