
Può esserci una gioia atta a celebrare un successo personale, una gioia atta ad esprimere il godimento di qualcosa, una gioia atta a manifestare la gratificazione emotiva di un’esperienza felice, ma la gioia, vera, dice il vangelo, fluisce spontanea dal cuore ogniqualvolta si vede Dio all’opera nella propria vita. È questa l’esperienza descritta dal “magnificat”: Maria vede Dio all’opera nella propria vita, ne sperimenta la vicinanza, ne contempla la meraviglia; perciò, eleva il suo personale canto di lode.Ora la domanda che dovremmo porci è: quali sono le “grandi cose” che Dio compie in Maria?
Maria rende lode a Dio perché si sente guardata da lui. Possiamo ben intuire cosa si celi dietro questo sguardo. Maria si sente considerata, si sente destinataria di un interesse, si sente desiderata, si sente messa in gioco. Lo sguardo di Dio la fa uscire dall’anonimato, la introduce in una relazione. Dio si è accorto di lei, e questo basta a dare un senso alla sua vita. Questo sguardo ha poi qualcosa di particolare: il verbo greco che l’esprime è infatti “epiblepo” che letteralmente significa “guardare su”, “guardare da sopra”. È lo sguardo che una persona che sta in alto rivolge a qualcuno che sta più in basso, chinandosi su di lei. Non è uno sguardo paritetico, Dio e Maria non stanno sullo stesso piano: Dio sta in alto, Maria sta in basso, eppure Dio, contro ogni previsione, la degna del suo sguardo e della sua parola.
Potremmo definire così questo atteggiamento Dio che noi chiamiamo compassione: Dio rende grande ai suoi occhi ciò che è piccolo, per questo Maria lo magnifica, letteralmente, “lo fa grande”. La grandezza di Dio che Maria canta nel magnificat è la capacità che Dio ha di rendere grande chi è piccolo…