
Chi potrebbe credere nella divinità di un uomo che anziché esercitare la sua signoria sulla morte, prova angoscia di fronte ad essa? Chi potrebbe credere nella legittimità messianica di un uomo il cui Dio rimane in silenzio davanti alla sua preghiera?
Eppure, nonostante questa esperienza del Getsemani metta potenzialmente in cattiva luce Gesù agli occhi di giudei e pagani, gli evangelisti questa esperienza sentono che non può essere tralasciata: va raccontata. Perché?
Anzitutto perché il racconto di quest’esperienza è qualcosa che loro stessi hanno ricevuto dalla tradizione e che, considerato che nessuno di coloro che credono in Gesù si sarebbe mai inventato qualcosa che potrebbe mettere in cattiva luce Gesù, probabilmente appartiene alla storia stessa di Gesù e alla memoria apostolica che ce l’ha tramandata.
Secondo. Gli evangelisti intuiscono che questa esperienza, per quanto enigmatica e di difficile interpretazione, è fondamentale e imprescindibile se si vuole venie a capo del mistero di Gesù e della sua Pasqua. Non si può comprendere chi è Gesù; la sua umanità e la sua divinità, se non si ha il coraggio di sostare, in adorazione, di fronte a lui che prega nell’orto degli ulivi…