
Ci fu un tempo in cui, per la dottrina della salvezza, l’accento era posto in modo esclusivo sulla morte di Cristo in croce; si pensava che la redenzione fosse stata ottenuta mediante il sacrificio supremo di Cristo, grazie al quale il peccato era espiato. Certo, questo aspetto è essenziale; ma una tale presentazione non rende completamente conto di quanto la Scrittura dice a proposito del valore salvifico degli altri misteri della fede, in particolare dell’incarnazione. I Padri della Chiesa, sollecitati dalle controversie sull’identità di Gesù, dovettero fin da subito rendersene conto, attirando l’attenzione sulle armoniche che corrono tra l’incarnazione, la morte e la risurrezione di Cristo e sottolineando il carattere ineludibile di questo mistero quando si tratta di rendere pienamente conto dell’opera di salvezza.
Se Gesù, infatti, può essere mediatore universale di salvezza è perché egli è Dio; la sua vita e la sua morte possono essere luogo insuperabile di redenzione perché sono la vita e la morte di un uomo che non è solo un uomo, ma è anche Dio. Per questo diventa necessario sostare sul mistero delle origini: un mistero che ci riporta non solo alla nascita di Gesù, ma, ancor prima, all’eternità della sua immanenza nella comunione con il Padre.
Ecco i testi della catechesi: