Quando si parla di oratorio la mente corre subito ai cortili delle parrocchie, popolati di ragazzi strillanti, ai canti di gruppo accompagnati dalle chitarre e agli immancabili giochi organizzati dove con un “niente” ci si diverte per ore. Direte che è una visione romantica dell’oratorio, un po’ nostalgica, ma ciò non toglie che una visione così coglie un aspetto essenziale della realtà oratoria. L’oratorio, infatti, ha sempre inteso la propria missione così: educare mettendo insieme i ragazzi e facendoli giocare insieme, educare coinvolgendo i ragazzi e rendendoli protagonisti del loro cammino, animandoli e facendo loro sperimentare la gioia di una vita vissuta nella condivisione e nel rispetto reciproco. Il gioco, l’animazione nella proposta dell’oratorio non sono un espediente da utilizzare per tener buonii bambini , ma il modo con cui esso realizza la sua azione educativa.
Quando si parla di animazione in oratorio ci si presenta colpo d’occhio immagine di una soluzione di continuità, altamente di campo che spesso si ripete e chi fa esperienza ora troiana fin dalle sue origini: il momento in cui un ragazzo, entusiasta di fronte ai più grandi che finora lo hanno aiutato a giocare, a cantare, pregare, si volta indietro che si accorge che dietro di lui ci sono altri ragazzi più piccoli, scoprendo che è arrivato per lui il tempo di rispondere in reciprocità a quanto finora da lui sperimentato.questo momento spesso corrisponde all’età dell’adolescenza.ecco dunque perché in un anno particolarmente dedicato all’attenzione agli adolescenti diventa essenziale tornai ancora una volta le parole chiave che delineano lo stile educativo dell’animazione, non solo come specifico dell’oratorio, ma particolarmente orientato a quella formazione integrale auspicata per gli adolescenti.